Tra i lussuriosi avvolti dalle fiamme

L’incontro con Guido Guinizzelli e Arnaut Daniel

Nello stretto passaggio dell’ultima cornice, tra le fiamme provenienti dalla parete rocciosa e l’orlo esterno, l’ombra prodotta da Dante appare più rossa. Diverse anime si accorgono di ciò e si meravigliano per la presenza nell’altro mondo di un essere che pare dotato di vero corpo. Le fiamme, per contrappasso, stanno a significare la passione amorosa da cui furono prese in vita le anime dei lussuriosi. Una di queste – siamo nel canto XXVI del Purgatorio – chiede a Dante come mai il suo corpo (che dovrebbe essere sottile) fa invece schermo al sole.

Dante non ha ancora aperto bocca per rispondere ed ecco che in direzione opposta sopraggiunge una schiera di lussuriosi che, lì giunti, si abbracciano e si baciano con quelli dell’altra schiera, contenti “a brieve festa”. E poi, mentre si allontanano, queste anime gridano esempi di lussuria punita. La schiera sopraggiunta, che è quella dei peccatori contro natura, grida l’esempio di Sodoma e Gomorra, l’altra invece quella di Pasife. Il primo esempio è tratto dal Vecchio Testamento (Gen, XVIII 20 e XIX 25) laddove si narra che le due città corrotte dal peccato di sodomia (il nome deriva appunto dalla città di Sodoma) furono distrutte da Dio con il fuoco celeste.

L’altro esempio rappresenta l’eccesso perverso dell’eterosessualità. Pasife, moglie di Minosse, invaghitasi di un toro per le maledizioni di Poseidone e di Afrodite, per soddisfare le sue turpi voglie si fece rinchiudere in una vacca di legno e dal mostruoso congiungimento nacque il Minotauro (Ovidio, Metamorfosi, VIII, 132 ss).

Finalmente Dante si decide a rispondere all’anima che l’aveva interrogato. Dichiara quindi che il suo è un vero corpo e di essere venuto nell’Oltretomba grazie a una donna del Cielo (Beatrice). Poi chiede a sua volta chi siano essi e da chi sia composta la schiera poi sopraggiunta. L’anima che per prima aveva interrogato Dante spiega che la schiera appena allontanatasi è quella dei sodomiti. La loro invece è quella degli eterosessuali che eccedettero in lussuria. Dante usa il termine “ermafrodito” per tali peccatori, riferendosi alla favola di Ovidio in cui Ermafrodito, figlio di Hermes e di Afrodite si unì alla ninfa Salmace così strettamente che si fuse con lei in un solo corpo con gli attributi di entrambi i sessi. Insomma seguirono in modo sfrenato l’appetito sessuale.

L’anima infine si rivela: è il bolognese Guido Guinizzelli che si pentì prima di morire e che ora è guardato con ammirazione e a lungo da Dante che lo riconosce come “padre”, ovviamente del “dolce stil novo”. Il poeta fiorentino vorrebbe forse abbracciarlo, ma da ciò si trattiene per paura del fuoco, mostrando però “nel dire e nel guardar” di avere assai caro il poeta di Bologna. Dante dichiara allora che la sua ammirazione è dovuta alla bellezza dei suoi versi. E di rimando Guido mostra a dito un’altra anima di poeta, il trovatore Arnaut Daniel che “fu miglior fabbro del parlar materno” e che superò tutti coi suoi versi d’amore e prose di romanzi, anche se gli stolti preferiscono a lui Giraut de Bornelh, il trovatore limosino (cioè di Limoges). Si tenga presente che Arnaut è il principale esponente del trobar clus (comporre in modo chiuso, oscuro, ermetico), mentre Giraut lo è del trobar leu (comporre in modo aperto, dolce e gradevole). E’ un po’ quello che è avvenuto, anche se a parti rovesciate, con Guittone d’Arezzo in Toscana, da molti acclamato come grande poeta, non accorgendosi però della nuova e grande scuola dello “stilnovo”. Dopo le ultime richieste di preghiere da parte di Guinizzelli, ecco la volta di Arnaut Daniel che in modo certamente più leu che clus, così si presenta: “Tan m’abellis vostre cortes deman,/ qu’ieu no me puesc ni voill a vos cobrire./ Ieu sui Arnaut, que plor e vau cantan;/ consiros vei la passada folor,/ e vei jausen lo joi qu’esper, denan./ Ara vos prec, per aquella valor/ que vos guida al som de l’escalina,/ sovenha vos a temps de ma dolor!”. Traduzione: “Tanto mi piace la vostra cortese domanda che io non posso né voglio nascondermi a voi. Io sono Arnaut che piango e vado cantando; afflitto vedo la passata follia, e vedo gioioso la gioia che spero, dinanzi. Ora vi prego per quel valore che vi guida al sommo della scala, vi sovvenga a tempo del mio dolore”. Dopo aver detto ciò si nascose nel fuoco che purifica quelle anime.

Qualche considerazione infine sulla cornice dei lussuriosi e sull’incontro di Dante con i due poeti. Quanto ai lussuriosi alcuni si stupiscono che Dante abbia equiparato gli omosessuali agli eterosessuali. Dal testo non pare in effetti che vi sia differenza di pena. Ora occorre tener presente che in questa cornice, come del resto in tutte le altre, si trovano anime pentite del loro vizio, altrimenti sarebbero nell’ Inferno. Non ci si dovrebbe poi stupire che il peccato di lussuria sia il primo punito nei cerchi infernali e l’ultimo nella cornice purgatoriale. La lussuria infatti è un peccato di incontinenza, un eccesso rispetto all’insita tendenza sessuale dell’uomo, a volte con turpi risvolti.

Lascia invece perplessi la lussuria attribuita da Dante a Guinizzelli e ad Arnaut Daniel. Assai scarse sono infatti le notizie biografiche di questi due poeti. Quasi tutti i commentatori concordano nel ritenere che Dante arguì la loro lussuria da alcuni loro versi sensuali. La questione rimane tuttavia ancor oggi intricata e non risolta.

L’incontro di Dante con altri poeti è sempre interessante e nel nostro caso ci aiuta a capire l’iter poetico di Dante stesso. Dai provenzali ai toscani e poi al Guinizzelli, padre dello stilnovismo. L’amore fu al centro della poesia provenzale e stilnovistica, ma tutti interpretarono ed esaltarono l’amore come una forza egemone che induceva all’eccesso. Fu forse questo il motivo per cui Dante pose i due poeti nell’ultima cornice? Si tenga presente che secondo Umberto Bosco Dante nel canto successivo assegna a questa cornice anche se stesso, che si fa penitente e dei penitenti deve subire in prima persona la pena entrando nel fuoco purificatore.

Comunque sia il canto finisce con un omaggio al trovatore provenzale che si esprime con la sua lingua materna: dieci versi in lingua d’0c. E’ la prima ed unica volta che in tutto il poema si parla con lingua straniera. Chapeau ad Arnaut Daniel.

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